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Altri circuiti con operazionali 1

Sommatore invertente  1

Sommatore non invertente  3

Amplificatore differenziale  6

Buffer 9

Altri circuiti con operazionali

Sommatore invertente

Con questo circuito possiamo ottenere in uscita un segnale che sia la combinazione lineare dei segnali d’ingresso. Con una opportuna scelta dei valori dei resistori avremmo in uscita, a meno del segno, la somma dei segnali di ingresso da cui il nome di tale configurazione. Nell’esempio di figura abbiamo un sommatore con tre ingressi. Ricordiamo per gli eventuali DISTRATTI che si tratta soltanto di un ESEMPIO. IL discorso che andremo a fare ora vale per un numero qualsiasi di ingressi, anche per il seguente circuito

con un numero leggermente più alto di ingressi.

Ritornando all’esempio di tre ingressi, analizziamo il circuito usando le due ipotesi semplificative dell’operazionale ideale. L’ipotesi dell’AVO infinita porta come al solito a dedurre che il morsetto 4 si trova a massa virtuale. Dal punto di vista delle tensioni posso allora disegnare tutte le resistenze d’ingresso in questo modo

da cui, applicando i principi della meccanica relativistica e gli ultimi risultati degli studi sulle superstringhe, si ha

     

Lo stesso discorso si può fare per la resistenza di retroazione, collegata con un morsetto a massa e l’altro alla tensione di uscita

Ora ricordiamo che, in questo disegno abbiamo che i versi convenzionali di corrente e tensione da noi scelti in virtù del principio del libero arbitrio inventato dal Padreterno, sono uguali, per cui, a causa della libera scelta fatta, abbiamo violato la convenzione dell’utilizzatore ben nota a voi tutti, noti esperti di fama mondiale, anzi nò, che dico?, di fama universale, in campo di elettrotecnica ed affini. Per tale motivo dobbiamo scrivere

Applicando il primo principio di Kirchhoff al nodo A si ha

se le resistenze sono tutte uguali

il segnale di uscita, a meno del segno, è la somma dei segnali d’ingresso.

Sommatore non invertente

Vediamo ora un circuito analogo a quello precedente negli effetti, ma che non introduce lo sfasamento di 180°, non inverte il segnale

Anche in questo caso abbiamo tre segnali di ingresso solo come esempio. i discorsi che andremo a fare varranno anche, ad esempio, per il circuito seguente

Tornando all’esempio con soli tre ingressi, per ricavare il legame fra ingresso e uscita dobbiamo notare che

la parte di circuito racchiusa nel riquadro costituisce un normale amplificatore in configurazione non invertente che amplifica la tensione V’. Dunque si ha

Dobbiamo solo ricavare il legame fra V’ e le tensioni d’ingresso. La situazione è la seguente

Abbiamo tre rami in parallelo ciascuno dei quali è costituito dalla serie di una resistenza e un generatore di tensione. Ora i lettori esperti di fisica delle particelle, buchi neri, quark e nebulose, sanno che per ricavare la tensione V’ occorre applicare il teorema di Millmann

In definitiva abbiamo

Per fare in modo che la tensione di uscita sia esattamente pari alla somma delle tensioni di ingresso cominciamo col porre R1=R2=R3=R

in questo particolare circuito dobbiamo porre ora R5=2R4 in modo che il loro rapporto sia uguale a due e si abbia

Osserviamo esplicitamente che, nella formula precedente abbiamo utilizzato un importante risultato risalente addirittura ai matematici babilonesi, secondo il quale 1 +2 fa 3. Allo stesso risultato si poteva giungere utilizzando un sofisticatissimo strumento prodotto dalle ricerche più avanzate nel campo dell’informatica e dell’astrofisica applicata, detto pallottoliere.

Amplificatore differenziale

questo circuito fa in modo che la tensione di uscita sia proporzionale alla differenza fra le due tensioni di ingresso. Per studiare il legame ingresso-uscita, tenendo presente che ci troviamo di fronte ad un circuito lineare possiamo applicare il principio di sovrapposizione degli effetti.

Poniamo inizialmente V1 diverso da zero e V2 uguale a zero e calcoliamo la VO’ in questo caso. Il morsetto di ingresso di V2 va posto a massa

per cui il disegno diventa anche

ma il parallelo fra R3 ed R4 si trova in serie con al resistenza d’ingresso dell’operazionale che è infinita per cui possiamo considerare nulla la sua influenza e abbiamo il seguente circuito

che costituisce un amplificatore in configurazione invertente. In definitiva

Poniamo ora V1 uguale a zero e V2 diverso da zero.

capovolgiamo il circuito

Notiamo che ora siamo di fronte ad un circuito amplificatore non invertente che amplifica non la V2 ma la tensione ai capi di R4

abbiamo allora

Applicando il principio di sovrapposizione degli effetti ben noto a tutti i premi Nobel della IV A abbiamo

se poniamo R1=R2 abbiamo

risultato ottenuto utilizzando i più potenti supercomputer della NASA.

Grazie alla vostra incommensurabile, stratosferica, oceanica, immensa, infinita, ecc., ecc. , genialità vi renderete conto che se poniamo R3=R4, otteniamo

in quest’ultimo passaggio abbiamo fatto ricorso ad un risultato dell’algebra booleana detto semplificazione. Vediamo, dunque, che la tensione di uscita è pari alla differenza fra le tensioni di ingresso. 

Buffer

questo circuito è detto anche inseguitore di tensione poiché la tensione di uscita è esattamente pari alla tensione di ingresso: VO=V1. Basta osservare che ci troviamo di fronte ad una configurazione non invertente

in cui R2=0 e R1 non c’è, il che equivale a dire che abbiamo messo una resistenza di valore infinito.

Ho girato il circuito nel caso che fra i geni si nasconda qualcuno poco intuitivo.

Applicando la formula

ci scusiamo con i matematici se abbiamo usato un linguaggio impreciso benché efficace, ma non avevamo alcuna voglia di metterci a parlare di limiti e quant’altro.

Una domanda abbastanza intelligente sarebbe: ma a che c…(termine tecnico) serve un amplificatore che non amplifica? Sarebbe come dire uno studente che non studia (fatevi l’esame di coscienza). La risposta è che funziona da adattatore di impedenza. Vediamo un esempio. Consideriamo la figura seguente.

con il voltmetro vogliamo misurare la tensione ai capi di R2. ora sappiamo che l’inserzione di uno strumento di misura in un circuito introduce sempre un errore: nel nostro caso l’errore è dovuto al fatto che abbiamo introdotto nel circuito la resistenza interna del voltmetro in parallelo alla resistenza R2 modificando dunque valori di tensioni e correnti nel circuito. Se il valore della R2 e della resistenza RV sono dello stesso ordine di grandezza, abbiamo un errore notevole.

Nel circuito seguente, invece,

In questo caso la resistenza R2 si trova in parallelo alla resistenza elevatissima offerta dal buffer.