Risposta in frequenza dei circuiti
Il circuito di un derivatore ideale è il seguente
Chi non ha avuto ancora frequentazioni con l’analisi matematica può leggere prima il concetto di derivata.
Avete letto? Bene. Andiamo avanti. Poiché avete compiuto questo enorme passo nell’allargare le vostre cosmiche conoscenze nel campo della matematica, facciamo un richiamo alle vostre superipergalattiche conoscenze di elettrotecnica. L’anno scorso dovrebbe essere passato in classe un ometto che deve avervi spiegato che un condensatore alimentato in continua, superata una fase di transitorio, non consente l’ulteriore passaggio di corrente, mentre, se è interessato da una tensione variabile nel tempo, assorbe una corrente espressa dalla formula
L’ometto vi aveva parlato dunque di variazioni discrete di tensione in intervalli discreti di tempo. Ciò era dovuto al fatto che, pur avendo voi una mente brillantissima, dall’intelligenza stratosferica ed essendo voi praticamente onniscienti non conoscevate il concetto di derivata. In realtà
cioè la corrente è proporzionale alla derivata della tensione. In pratica la corrente varia con la velocità di variazione della tensione. Più varia rapidamente la tensione, più varia rapidamente la corrente.
Se, ad esempio, applichiamo una tensione sinusoidale al
condensatore, otteniamo
una corrente
se consideriamo una tensione che varia linearmente, otteniamo
una corrente
Avendo fatto questi mirabolanti passi avanti passiamo a studiare il nostro circuito per trovare il legame fra ingresso ed uscita
Siete oramai degli esperti di fama universale sul concetto di massa virtuale, per cui siete chiamati anche nelle galassie più lontane a parlare di quest’argomento. Dunque vi rendete conto facilissimamente che ai capi del condensatore vi è la tensione vi per cui si ha
ma tale corrente attraversa la resistenza R per cui
quindi la tensione di uscita è proporzionale alla derivata della tensione di ingresso da cui il nome di derivatore dato al circuito. Il nome di derivatore ideale deriva dal fatto che questo circuito funziona solo il linea di principio. Per un corretto funzionamento dobbiamo apportare delle modifiche. Per comprendere la necessità di queste modifiche dobbiamo parlare prima della risposta in frequenza dei circuiti.
In un dispositivo elettronico il legame fra ingressi ed uscite può essere molto complesso. Diventa allora difficile determinare matematicamente le modifiche indotte nei segnali dal dispositivo stesso. Fortunatamente esistono dei metodi matematici detti trasformazioni. Vediamo di capire questo concetto fondamentale. Supponete di raccogliere tutte le funzioni matematiche che conoscete. Esse costituiscono un universo a se stante
Supponiamo ora di potere instaurare un legame fra le funzioni di questo universo e le funzioni di un altro universo
Per essere utile tale relazione deve essere biunivoca (non voglio offendere la vostra onniscienza matematica spiegandovi cosa significa).
A che può servire una trasformazione? Supponiamo che l’esecuzione di un’operazione nel primo universo sia complessa da realizzare. Supponiamo che tale operazione, applicata alla ad una funzione f1 porti a produrre una funzione f2. Supponiamo ora che tramite la trasformazione, ad f1 corrisponde una funzione Y1 nel nuovo universo e ad f2 corrisponda una funzione Y2. Supponiamo, però, che nel secondo universo sia molto più facile dal punto di vista delle manipolazioni matematiche, passare da Y1 a Y2. Ecco l’utilità delle trasformazioni. Invece di effettuare i calcoli nel primo universo, facciamo le trasformazioni delle funzioni, operiamo nel secondo universo e poi ritrasformiamo.
Un esempio di trasformazioni lo avete applicato implicitamente quando, in elettrotecnica, avete appreso il metodo simbolico.
Non vi offendete se vi faccio un piccolo ripasso. Quando avete cominciato a studiare le reti in regime sinusoidale vi siete accorti che già sommare due correnti, ad esempio,
i(t)=i1(t)+i2(t)= 10sen(50t+5)+30sen(50t+4)
è complicato, anche usando le regole della TRIGONOMETRIA CHE TUTTI SAPETE COSA SIA.
Con il metodo simbolico, all’universo delle funzioni sinusoidali isofrequenziali (caratterizzate, cioè, dalla stessa pulsazione), viene associato l’universo dei numeri complessi. Ad una funzione sinusoidale Asen(ωt+α) viene associato il numero complesso Aejα. Allora ad una funzione A1sen(ωt+α1) verrà associato il numero A1ejα1 e alla funzione A2sen(ωt+α2) verrà associato il numero A2ejα2. Il bello sta nel fatto che, nell’universo dei numeri complessi è facile fare la somma e si avrà
A1ejα1+ A2ejα2
=
Ma la cosa più bella è che questo numero complesso è proprio l’immagine che otterrei, trasformando, del segnale sinusoidale ottenuto sommando nel primo universo le due sinusoidi di partenza. E’ per questo che, quando avete cominciato a risolvere reti elettriche in regime sinusoidale, avete operato solo con i numeri complessi.
In elettronica si utilizzano soprattutto due tipi di trasformazioni:
Trasformata di Fourier
Trasformata di Laplace
In particolare la trasformata di Fourier è una generalizzazione del metodo simbolico ed associa all’universo delle funzioni in cui la variabile indipendente è il tempo, l’universo delle funzioni la cui variabile indipendente è una pulsazione ω.
Non vorrei entrare nei particolari matematici anche se sono certo che, con le vostre immense capacità, non avreste problemi. Preferisco comunque fare un discorso intuitivo.
Supponiamo che la nostra funzione nel dominio del tempo, sia
una funzione periodica, ad esempio un’onda quadra.
Secondo il teorema di Fourier un segnale periodico qualsiasi
può essere considerato come la somma d’infinite sinusoidi con caratteristiche
diverse. Matematicamente si ha una relazione del tipo
S(t) = A0+A1sen(ωt+φ1)+A2sen(2ωt+φ2)+A3sen(3ωt+φ3)+…
Il termine A0 ( detto anche componente continua)
è un termine costante che rappresenta il valor medio del segnale. Se il segnale
stesso ha valor medio nullo, come nell’esempio dell’onda quadra di figura, il
termine costante A0 non è presente. Si ha poi una sinusoide a
frequenza pari a quello del segnale complessivo che viene detta armonica
fondamentale. Tutte le altre sinusoidi o armoniche hanno una frequenza multipla
di quella fondamentale. La loro ampiezza decresce con l’aumentare della
frequenza. Per l’onda quadra di figura, ad esempio, l’ampiezza delle armoniche
è pari a
An=0 se n
è pari
An=se
n è dispari
Il contenuto armonico di un segnale si può rappresentare
graficamente attraverso un diagramma come il seguente
Sull’asse delle ascisse abbiamo le pulsazioni mentre sull’asse delle ordinate posizioniamo i valori delle ampiezze delle armoniche. Nel diagramma si posiziona una riga in corrispondenza della frequenza di ogni armonica. L’ampiezza della riga rappresenta l’ampiezza dell’armonica. Potremo immaginare che alla funzione onda quadra abbiamo associato una funzione dell’universo delle funzioni che dipendono dalla pulsazione omega, il cui diagramma in funzione di omega è costituito da tante righe separate fra di loro.
Supponiamo, ora, di diminuire la frequenza. Le armoniche si trovano sempre a frequenze che sono il multiplo della frequenza del segnale periodico, quindi si avvicinano fra di loro
e così via al diminuire della frequenza
Ma cosa significa diminuire la frequenza? Significa che il periodo del segnale periodico è più grande. Ora vi invito ad usare la vostra
Fervida
Meravigliosa
Immaginifica
Immarcescibile
Straordinaria
Incomparabile
Superba
Meravigliosa
Ecc.
Ecc.
intelligenza
per fare il seguente esercizio mentale. Se il periodo del segnale periodico si
allunga fino a diventare sempre più grande, la frequenza tende a zero. Grazie
al vostro potentissimo cervello, potete rendervi conto che le armoniche tendono
ad avvicinarsi sempre di più, fino a schiacciarsi l’una sull’altra e a fondersi
in un unico diagramma continuo. Ma cos’è un segnale periodico con periodo
infinito? Semplicemente è un segnale non periodico. Potremmo dire in maniera
estremamente rozza, che anche un segnale non periodico si può sviluppare in
serie di armoniche, ma stavolta esse sono così “addensate” che, messe insieme,
formano il diagramma di una funzione continua che varia con omega.
E’
così che possiamo spiegarci come ad una funzione che varia nel tempo, f(t)
corrisponda una funzione che varia nel dominio della pulsazione omega,
F(ω).
Ma
a che serve tutto questo? Serve perché è molto semplice studiare l’effetto che
un qualunque sistema ha su un segnale di ingresso periodico.
Dato
un ingresso del tipo
x(t)=Xsenωt
si
può dimostrare che tutti i sistemi di qualunque natura (dalla centrale termoelettrica
alla bomba termonucleare, ai semplici circuiti elettronici) danno in uscita un
segnale che è sempre del tipo
y(t)=F(ω)Xsen(ωt+φ(ω))
questa formula dice
semplicemente che, se applico un segnale sinusoidale in ingresso, passato un
certo tempo per far esaurire eventuali fenomeni transitori, ottengo in uscita
sempre un segnale sinusoidale in cui cambia l’ampiezza e si introduce uno
sfasamento. L’azione introdotta sull’ampiezza e sulla fase variano a seconda
della pulsazione omega, quindi sono funzioni di omega e prendono il nome di risposta
armonica. Con la vostra meravigliosa e stupefacente intelligenza vi
renderete conto che, in particolare nel caso di sistemi elettronici, se
disponiamo di diagrammi di F(ω) e
φ(ω), conoscendo il contenuto spettrale del segnale che vogliamo
porre in ingresso al dispositivo, possiamo ricavare subito, almeno in via
qualitativa, le modifiche che il dispositivo introdurrà sul nostro segnale. Queste
informazioni vengono fornite dai diagrammi di Bode.
Nello studio della risposta armonica, abbiamo visto che essa
influenza il segnale di ingresso sia modificandone l’ampiezza che introducendo
uno sfasamento. Abbiamo perciò, due diagrammi di Bode:
Il diagramma dei moduli o SPETTRO DI
AMPIEZZA, in cui viene diagrammata il modulo di |G(jω)|
Il diagramma delle fasi o SPETTRO DI
FASE in cui viene diagrammata la fase di |G(jω)|.
I diagrammi di Bode vengono tracciati su carta
semilogaritmica (vedi figura). In tale carta l’asse delle ascisse è
rappresentato in scala logaritmica. Ciò vuol dire che, fissata un’origine ed un
segmento unitario sull’asse, un qualunque segmento di lunghezza y rappresenterà
il logaritmo in base dieci della grandezza che si vuole rappresentare
avremo ad esempio
Osserviamo esplicitamente che, con tale rappresentazione, si
perde la linearità, infatti 8 che è il doppio di 4, non si trova a distanza
doppia dall’origine. Inoltre
quindi ogni incremento di un’unità di lunghezza sull’asse
corrisponde ad un incremento di 10 volte della grandezza rappresentata. L’asse
delle ordinate ha invece una rappresentazione lineare normale. In definitiva,
sull’asse a scala logaritmica, i punti equidistanti non rappresentano valori la
cui differenza è costante come avviene per una scala lineare ma valori il cui
rapporto è costante.
Infatti
la necessità della scala logaritmica è ovvia . se volessimo costruire un diagramma di risposta armonica e immaginassimo di usare come unità di misura un centimetro, per rappresentare un MHz, avremmo bisogno di un foglio lungo 1 milione di centimetri pari a 10 Km, mentre con la scala logaritmica, rappresentati 10 Hz con 1 cm, abbiamo bisogno di soli 6 cm.
Sull’asse delle ordinate che ha una scala lineare, per un motivo analogo non rappresentiamo direttamente |G(jω)| ma il suo valore in decibel
M = 20log10|G(jω)|
Tale scala è legata alle misure effettuate in acustica, infatti l’orecchio umano interpreta l’intensità dei suoni con una scala logaritmica per cui avvertirà che l’intensità di un suono è raddoppiata non quando è raddoppiata la sua ampiezza ma quando è raddoppiato il suo valore in decibel.
Nel caso del diagramma di fase, poiché tale grandezza non varia in maniera considerevole, sull’asse delle ordinate si diagramma direttamente la fase espressa in gradi.
Possiamo ora passare a spiegare perché il circuito visto nel
paragrafo precedente è ideale cioè non utilizzabile in pratica. Per calcolare
la risposta armonica del nostro circuito possiamo utilizzare i risultati del
metodo simbolico già appreso nel corso di elettrotecnica.
Supponendo che il segnale vi(t) sia un segnale sinusoidale, introducendo la notazione fasoriale possiamo dire che
dove
per cui
utilizzando la notazione esponenziale per i numeri complessi, si ha
notiamo dunque che il nostro circuito amplifica il segnale
d’ingresso di una quantità pari a e introduce uno sfasamento in anticipo di 90°. Occupiamoci in
particolare della risposta in ampiezza. Volendo descriverla in decibel abbiamo
Come certamente vi rendete conto, applicando le vostre incredibili
conoscenze matematiche e tenendo presente che sull’asse delle ascisse del
diagramma di bode non viene diagrammata la omega ma il suo logaritmo, cioè
tenendo presente che si ha
cioè otteniamo l’equazione di una retta che per
poiché il
logaritmo di 1 vale zero. E’ una retta che sale poi con una pendenza di 20 ad
ogni incremento di un fattore dieci della pulsazione. Infatti
e così via.
Poiché l’intervallo di pulsazioni che si ha fra un particolare valore della pulsazione e il valore dieci volte più grande di questa, si dice decade, diciamo che la retta che rappresenta la risposta in ampiezza del circuito ha una pendenza positiva di 20 db per decade.
Ora possiamo spiegare perché il nostro circuito non è utilizzabile in pratica. La sua risposta armonica è tale che amplifica le armoniche in ingresso sempre più all’aumentare della pulsazione.
Ora succede che i segnali utili hanno sempre uno spettro limitato ma ciò non avviene per i segnali spuri come disturbi e rumore che hanno l’antipatica abitudine di essere presenti a tutte le frequenze. In genere il rumore in ingresso ha ampiezze molto minori di quelle dei segnali utili, ma poiché il derivatore esalta i segnali alle frequenze più alte, le componenti del rumore ad alta frequenza verrebbero così amplificate da sommergere il segnale utile in uscita.
per risolvere questo problema occorre fare in modo che la risposta del circuito cambi e che, in particolare la sua amplificazione venga limitata all’aumentare della frequenza, come si può vedere dalla figura seguente.
IL circuito di cui siamo alla ricerca è il seguente
utilizzando il metodo simbolico appreso in maniera non menù che eccezionale dall’elettrotecnica possiamo affermare che
per cui
il legame ingresso uscita cercato allora, si esprime nel dominio della frequenza nel modo seguente
in queste poche righe come voi geniacci avrete capito abbiamo purtroppo dovuto fare ricorso a difficilissime formule matematiche dimostrate da Einstein.
Se vogliamo soltanto il modulo della risposta, abbiamo, utilizzando le nostre oceaniche, incomparabili, imperscrutabili, insondabili conoscenze sulla teoria dei numeri complessi
Dimostriamo ora che questa risposta, dal punto di vista matematico corrisponde a quanto da noi cercato.
Supponiamo di considerare valori molto piccoli della pulsazione, prossimi allo zero,
in tal caso, con la vostra meravigliosa mente matematica vi
renderete conto che, nel denominatore per cui si può fare
la seguente approssimazione
se non vi accontentate delle vostre formidabili, cosmiche , infinite capacità matematiche potete metterla così: all’approssimarsi della frequenza a zero sappiamo che il condensatore tende a comportarsi come un circuito aperto o comunque presenta una reattanza capacitiva così elevata da poter trascurare la resistenza in serie ad essa. Circuitalmente si può dire che, a basse frequenze il circuito del derivatore reale si comporta come se fosse diventato il seguente circuito
che corrisponde al derivatore ideale, da cui si ha che il diagramma di bode a basse frequenze assomiglia a quello del derivatore ideale.
Vediamo ora cosa accade alle alte frequenze. In questo caso per cui
abbiamo utilizzato una proprietà matematica nota solo ai premi Nobel, detta SEMPLIFICAZIONE.
Quindi, all’aumentare della frequenza, la risposta tende a diventare costante ed indipendente dalla frequenza, da cui il secondo ramo del diagramma di Bode che appare costante. Se volete, possiamo dire che, all’aumentare della frequenza il condensatore tende a diventare un cortocircuito, per cui la situazione diventa
cioè un semplice amplificatore in configurazione invertente, la cui risposta è indipendente dalla frequenza del segnale di ingresso e pari al rapporto fra le due resistenze.
Cosa succede nella zona di frequenze intermedie? Il diagramma di Bode si incurva per raccordare i due tratti lineari
da uno studio più dettagliato del diagramma si nota che lo scostamento massimo del diagramma reale da quello ideale (detto anche asintotico), si ha proprio in corrispondenza dell’incrocio delle due rette. In corrispondenza di questa pulsazione il diagramma reale si scosta da quello asintotico di 3 decibel. Ciò vuol dire che
cioè l’amplificazione è il 70% di quella massima. La pulsazione in corrispondenza della quale accade ciò viene detta pulsazione di taglio. Ciò vuol dire che
(per ricavare questi risultati abbiamo purtroppo fatto ricorso a cose ultradifficilissime che si chiamano logaritmi) cioè l’amplificazione è il 70% di quella massima. La pulsazione in corrispondenza della quale accade ciò, viene detta pulsazione di taglio. Se ne può ricavare anche l’espressione
se poniamo
nel foglio excel potete divertirvi a variare i valori delle resistenze e capacità e notare come cambiano i diagrammi asintotici e quello reale